GIURISPRUDENZA

DOMANDE FREQUENTI......  SOLUZIONI........ CONFRONTO SUL NUOVO CODICE DELLA CRISI D'IMPRESA.

Iin evidenza

L'ACCOMPAGNAMENTO FUORI DELLA CRISI CON L'AIUTO DELL'OCC-COVID-19. 

l'Organismo di Composizione della Crisi in sede di contrasto al Covid-19, che diventerebbe perciò OCC-Covid-19, come uno strumento di accompagnamento dell'imprenditore attraverso la crisi generata dalla pandemia.

differenza di quanto è previsto nel Codice della Crisi, in cui l'intervento del Giudice è posticipato rispetto a quello dell'OCRI (rinviando ad altro più favorevole momento questo importante step del processo in atto ormai da lungo tempo di degiurisdizionalizzazione della crisi d'impresa, cioè di riduzione della presenza giudiziale in tale frangente), dovrebbero essere previsti meccanismi di collegamento continui tra i Commissari e il Giudice, sin dall'inizio della procedura, per esempio con relazioni periodiche a due o tre mesi e con frequenti riunioni di verifica e di indirizzo e, comunque, mediante il meccanismo della richiesta di autorizzazioni per gli atti più importanti (o almeno per quelli di straordinaria amministrazione) ovvero per certe tipologie di atti e di pagamenti.Si potrebbero fare dei pagamenti, sia dei creditori anteriori che di quelli in prededuzione, eventualmente anche con piani di riparto intermedi.Snellezza, velocità, dedizione, sacrificio e competenza dovrebbero essere i concetti ispiratori della condotta di tutti: non guasta ripetere che dalla guerra bisogna uscire tutti insieme, come hanno fatto i nostri genitori e progenitori dopo il 1945, e senza guardare troppo per il sottile, generando così il boom economico degli anni successivi.E' lecito sperare anche oggi in un simile risultato dell'impegno incondizionato di tutti.Con le mani esperte dei tecnici dell'OCC-Covid-19 e la vigilanza del giudice (che dovrebbe essere altrettanto esperto, e sarebbe proprio questo il momento giusto per recuperare le sezioni specializzate già previste dalla Prima Commissione di Riforma Rordorf ed inopinatamente accantonate per interessi particolari, particolarismi che oggi potrebbero e dovrebbero essere abbandonati senza alcun tentennamento), l'impresa potrebbe essere guidata verso la luce del recupero di funzionalità.La creazione di sezioni specializzate nei Tribunali (con le specifiche competenze di diritto fallimentare) sono, dunque, oggi più che mai, un passaggio necessario per il buon esito di ogni tentativo di questo genere, che coinvolga anche i Tribunali nelle procedure di crisi.La procedura potrebbe durare un anno o anche più, come se fosse un lungo preconcordato in continuità, in modo da dare il massimo respiro possibile all'azienda in difficoltà e far giungere a totale compimento ed effetto il meccanismo dei necessari aiuti statali destinatile.All'esito del percorso guidato, appunto di almeno un anno, si dovrebbe poter indirizzare l'azienda verso una qualsiasi soluzione positiva, che implichi comunque la prosecuzione dell'attività d'impresa, oppure verso la liquidazione giudiziale, se proprio non si sarà potuto fare di meglio, con l'applicazione delle norme del Codice della Crisi che ormai dovrebbe essere entrato in vigore (a settembre del 2021).Ecco, così, realizzabile la possibilità di iniziare a fare buona pratica di un istituto del futuro prossimo, l'Organismo di Composizione della Crisi d'Impresa, sfruttandone le competenze e l'aiuto concreto, adattato al momento attuale, che poi continuerebbe a funzionare ancor meglio, in quanto sarebbe già ben rodato da tempi sicuramente più difficili di quelli che seguiranno.Il compenso dei Commissari, per evitare di assommare danno al danno, dovrebbe essere però commisurato al solo attivo incrementato o liquidato e senza gridare allo scandalo, visto che bisogna che tutti ci mettiamo nell'ordine di idee di aiutare gli altri per quanto possibile, anche a costo zero (ove necessario e possibile).Ci sarà tempo e modo per ognuno di recuperare il bene fatto, che torna sempre con gli interessi.In sintesi, per l'impresa che venga attinta da un'istanza di fallimento dovuta alla presente crisi economica da pandemia:1) non dovrebbe essere dichiarato il fallimento per effetto dell'esimente oggettiva della forza maggiore, di cui già si è detto;2) dovrebbe essere nominata una task force (OCC-Covid-19) di bravi commissari (o anche uno solo per le piccole imprese), che la possano aiutare nella gestione di almeno un anno di tempo, verso l'uscita dalla crisi con soluzioni adeguate;3) lo strumento dovrebbe poter valere anche per le piccole imprese, destinate anch'esse, come le imprese maggiori, alla positiva soluzione della continuazione dell'attività aziendale o a quella della liquidazione giudiziale;4) la gestione accompagnata dovrebbe essere vigilata e continuamente monitorata da giudici esperti, appartenenti a sezioni specializzate, alle quali bisogna rapidamente rimettere mano (basta fare riferimento ai lavori della Prima Commissione Rordorf, in cui erano già previste e ne era anche prevista la modalità del potenziamento);5) ognuno dovrebbe dare il massimo per il bene comune, sapendo che il benessere del gruppo genera benessere individuale (tipico atteggiamento sociale dei Giapponesi).Giova ribadire che, per evitare lo spettro del fallimento sistemico bisogna individuare soluzioni azzeccate, funzionali, vere, e farlo presto, avendo presente che subito è già tardi.

G.D GIUSEPPE LIMITONE

La resilienza dell'impresa di fronte alla crisi da Coronavirus......... mediante affitto d'azienda alla newco-startup, auto-fallimento e concordato "programmati"


Sommario - 1. La reazione dell'impresa a crisi esterne improvvise e congiunturali; -

2. Affitto dell'azienda ad una newco-start up, auto-fallimento e concordato

fallimentare come programma catartico di "restart"; - 3. I vantaggi competitivi del

concordato fallimentare assistito da garanzie o finanziamenti pubblici rispetto al

concordato preventivo in continuità indiretta e comunque come variante di "second

best"; - 4. La fenomenologia della fattispecie scrutinata; - 5. L'opponibilità al

fallimento dell'affitto preesistente; - 6. La sorte dei rapporti pendenti in caso di

retrocessione dell'azienda affittata; - 7. Il recesso ed i rimedi alternativi a garanzia

della fisiologia del programma; - 8. Alcuni profili processuali della fattispecie; - 9.

Prelazione legale e prelazione convenzionale all'acquisto dell'azienda affittata come

variante del programma base; - 10. La legittimazione della società affittuaria start

up con medesimo assetto proprietario alla presentazione del "concordato

fallimentare del giorno dopo"..................................



l decreto liquidità e le modifiche alla disciplina fallimentare. 

l decreto liquidità e le modifiche alla disciplina fallimentare. Una prima analisi, alcuni spunti critici e delle proposte

di Stefano Morri, da ilfallimetarista.it - Avvocato e dottore commercialista

Il decreto liquidità contiene disposizioni anche in materia concorsuale. La cosa è opportuna, in linea di principio, perché l'impatto della pandemia sulle procedure in corso è tremendo e va affrontato tempestivamente. Si tratta però di comprendere la portata e la completezza dell'intervento, in un ganglio vitale del sistema economico.

L'art. 5, comma 1, anzitutto, differisce l'entrata in vigore delle norme del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza che dovevano divenire efficaci il 15 agosto prossimo al 1° settembre 2021. La proroga è più che opportuna. La disciplina, che già suscitava grandi perplessità presso gli imprenditori in tempi normali - pensiamo alle procedure di allerta - avrebbe rischiato di diventare un ulteriore peso per le aziende che ora hanno un solo obiettivo: sopravvivere.
È disposto (art. 10, comma 1) che i ricorsi per la dichiarazione di fallimento presentati dal 9 marzo fino al 30 giugno 2020 siano improcedibili. Il che va bene, ma poi occorre capire cosa farà il sistema tutto, sui vari fronti, per evitare i fallimenti ...
È prevista (art. 9, comma 1) una proroga di sei mesi dei termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione già omologati e che hanno scadenza tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021. Qui entriamo in un'area molto delicata, che si intreccia con quella dei finanziamenti garantiti dallo Stato. Prevedere il rinvio di sei mesi degli adempimenti delle società che hanno già ottenuto l'omologazione e sono in fase di esecuzione del piano vuol dire scaricare sui fornitori, già prostrati, il problema della liquidità di queste imprese, che non è per niente diverso dal problema della liquidità di tutte le altre imprese. È una mossa in totale controtendenza con la politica del Governo volta a non interrompere i cicli aziendali.
Evidentemente la mano che ha scritto questa norma non è la stessa che ha scritto quelle sulla liquidità.
Bisogna prevedere che anche le imprese che abbiano superato l'omologazione possano accedere, senza le stringenti condizioni di cui infra, ai prestiti garantiti dallo Stato proprio per potere mantenere il piano. Esattamente il contrario di quel che si è fatto. Saranno le banche ad accordare semmai moratorie sui loro crediti a fronte delle provvidenze dello Stato sul fronte della liquidità.
E poi non si capisce perché qui, a differenza di quanto si fa per i piani durante la procedura, non vi sia un vaglio di merito del Tribunale, cosicché sono messe sullo stesso piano aziende in grado di pagare, perché addirittura favorite da Covid 19, e altre in difficoltà. Dovrebbe poi avere un qualche rilievo anche il tempo decorso dall'omologazione, posta la durata spesso quinquennale dei piani, onde evitare che siano sullo stesso piano imprese ancora di fresca convalescenza ad altre che sono anni che si sono lasciate alle spalle il concordato e stavano, almeno prima dell'emergenza, navigando in acque tranquille.
In relazione ai procedimenti di omologa dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione ancora pendenti alla data del 23 febbraio 2020, il Decreto accorda (art. 9, comma 2) al debitore la facoltà di chiedere, questa volta con istanza, termine fino a 90 giorni per presentare una nuova proposta e un nuovo piano. Si tratta qui di una misura molto opportuna, perché chiarisce che lo ius novandi può essere esercitato dal debitore all'interno della medesima procedura, senza dovere passare attraverso la revoca della domanda e l'incardinamento di una nuova procedura con enorme spreco di costi e allungamento dei tempi.
Restano non chiarite le soluzioni ad alcuni problemi processuali, che andranno affrontati almeno in fase di conversione.
Primo: deve la nuova proposta e il nuovo piano passare per un nuovo provvedimento di ammissione? La risposta a me pare positiva, attesa la necessità di verificare, in dovuta forma, la sussistenza dei requisiti di ammissibilità e per dare a eventuali concorrenti tempo e modo per formulare le loro proposte migliorative.
Secondo: deve la proposta già approvata esser sottoposta di nuovo al vaglio dei creditori? Anche qui mi sembra scontata la risposta affermativa.
Quando invece il debitore non ritenga necessario innovare proposta e piano in modo sostanziale, ma solo modificarne i termini di adempimento fino a sei mesi (art. 9, comma 3), potrà depositare sino all'udienza fissata per l'omologa una memoria contenente l'indicazione dei nuovi termini, con la documentazione che comprova la necessità della modifica richiesta. Il Tribunale provvederà sentito il Commissario Giudiziale nell'ambito del provvedimento di omologa (N.B.: si deve ritenere che il discrimine tra proposta modificata in modo non sostanziale e proposta "nuova" stia nella portata strutturale e/o quantitativa delle modifiche. Strutturale è la variazione che investe il procedimento scelto - liquidazione verso continuità; continuità diretta verso indiretta, classi verso non classi -; quantitativa è la variazione che investe le grandezze. Ci sembra che l'implicito della novella sia che è modifica non sostanziale - ai sensi per altro dell'art. 161, comma 3, L.F. - solo quella in cui vengono alterati i termini di adempimento).
La misura è opportuna, ma espressamente andrebbe chiarito che la documentazione da produrre non consiste necessariamente in un nuovo piano o peggio in una nuova attestazione, ma in un pacchetto informativo proveniente dal debitore che dia conto della probabilità per l'impresa, dopo la fase critica per la quale è chiesto il rinvio dei termini, di tornare sul percorso di esecuzione del piano
Infine, nella fase prenotativa la novella dà al Tribunale, su motivata istanza del debitore che abbia già avuto la proroga del 161, comma 6 o abbia fatto la richiesta dell'art. 182 bis, comma 6, il potere di concedere una proroga fino a novanta giorni dei termini per la presentazione della proposta e del piano o degli accordi (art. 9, commi 4 e 5).
Anche qui si pone il problema drammatico della continuità aziendale. Occorre pensare in fretta a strumenti di sostegno delle imprese che hanno in corso procedure di regolazione concordata in continuità. Parliamo della cosiddetta finanza ponte, di cui all'art. 182-quater, comma 2, L.F..
In relazione a queste fattispecie l'unica previsione nel Decreto Liquidità è all'art. 13, comma 1, lett. g) che nella sua formulazione "lunare", una volta con difficoltà interpretato, sa tanto di beffa (così il testo dell'art. 13, comma 1, lett. g) del decreto: "La garanzia è concessa anche alle imprese che, in data successiva al 31 dicembre 2019, sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, hanno stipulato accordi di ristrutturazione ai sensi dell'articolo 182-bis regio decreto n. 267 del 1942 o hanno presentato un piano attestato di cui all'articolo 67 del predetto decreto predetto regio decreto n. 267 del 1942, purché, alla data di entrata in vigore del presente decreto, le loro esposizioni non siano più in una situazione che ne determinerebbe la classificazione come esposizioni deteriorate, non presentino importi in arretrato successivi all'applicazione delle misure di concessione e la banca, sulla base dell'analisi della situazione finanziaria del debitore, sia convinta che verosimilmente vi sarà il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza, ai sensi dell'articolo 47-bis, comma 6, lettere a) e c), del regolamento (UE) 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013. Ai fini dell'ammissione alla garanzia non è necessario che sia trascorso un anno dalla data in cui sono state accordate le misure di concessione o, se posteriore, dalla data in cui le esposizioni sono state classificate come esposizioni deteriorate, ai sensi dell'art 47-bis, comma 6, lettera b) del regolamento (UE) 575/2013. Sono, in ogni caso, escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come "sofferenze" ai sensi della disciplina bancaria").
Tali e tante sono infatti le condizioni da rendere la concessione della garanzia di Stato un percorso ad ostacoli di fatto insormontabili per i più. In ogni caso, nulla in fatto o in diritto è previsto dal Decreto per le imprese che si trovino in fase prenotativa o anteriore all'omologazione. Esse sono lasciate completamente sole in un limbo che potrebbe durare molti mesi fatali.
Sul piano normativo, si potrebbe cogliere l'occasione della decretazione d'urgenza per modificare l'art. 182-quinquies l.fall. prevedendo che nella fase prenotativa, che con la proroga rischia di durare almeno nove mesi, il Tribunale possa, su semplice istanza del debitore e relazione del pre-Commissario Giudiziale, autorizzare finanziamenti ponte dotati di prededucibilità (il Considerando 68 della Direttiva 2019/1023 sui quadri di ristrutturazione preventiva prevede che i finanziamenti ponte possano essere autorizzati anche solo dall'autorità giudiziaria, senza necessariamente avere la certificazione di un "professionista nel campo della ristrutturazione").
Inoltre, sarebbe opportuno prevedere la prededucibilità integrale dei finanziamenti fatti dai soci in questa fase, come pure in quella di esecuzione.
Ma la modifica normativa, pur necessaria, va accompagnata da una modifica della disciplina dei finanziamenti garantiti dal Fondo per le PMI che sia realmente focalizzata sulle imprese che sono in procedura di regolazione concordata. In questo ambito, occorrerà uno sforzo della dottrina per aiutare il Legislatore a migliorare la sua posizione nello spazio tra emanazione del decreto e conversione. Inoltre è tempo che Legislatore e Governo si pongano il problema della cosiddetta finanza concorsuale sia in termini di debito che di equity, con misure volte a favorire, rafforzare e se del caso creare operatori in tale segmento. Ora ve ne sono solo alcuni, anche di derivazione pubblica, ma sono assolutamente insufficienti e agiscono spesso con criteri super selettivi.
Ma vi è altro.
Va affrontato il nodo delle dello scudo penale per chi eroghi finanza alle imprese in questa fase di emergenza pandemica. Non è possibile che chi eroga i finanziamenti sia passibile di azione per concorso in bancarotta o erogazione abusiva del credito. Non sto parlando solo di finanziamenti ponte o in esecuzione di un concordato, ma di finanziamenti ad aziende in bonis. La norma deve essere ampia, generalizzata e priva di condizioni.
Poi vi è il gravissimo problema delle transazioni fiscali e contributive. Va capito che senza una base produttiva non ci saranno imposte e contributi né oggi né domani. Quindi atteggiamenti restrittivi perdono di senso (si pensi alla circolare Inps n. 38 del 15 marzo 2010 in materia di transazione previdenziale, che pone dei limiti molto stringenti alla falcidia dei crediti contributivi). Esattamente quelli per i quali molte procedure che salverebbero posti di lavoro non vanno in porto e sfociano in fallimenti.
Al riguardo vanno fatte due cose. Primo: intervenire sull'art. 2740 del c.c., chiarendo che la nuova finanza sia esogena che endogena delle procedure sfugge al principio della responsabilità patrimoniale ed è quindi liberamente disponibile dal debitore. Secondo: anticipare, con efficacia anche sulle procedure in corso, la norma sul "cram down" dell'amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali in sede di omologa dei concordati e degli accordi (art. 48, comma 5) prevista dal Decreto correttivo al Codice della crisi
Infine, se si vuole evitare che i Tribunali si intasino di procedure fallimentari, bisognerebbe abbassare la soglia minima di soddisfazione del 20% dei crediti chirografari nei concordati liquidatori, portandola a non più del 10%, e fors'anche a meno (magari dando al Ministro della Giustizia il potere di modularla a seconda di come si mettono le cose) e reintrodurre la regola del "silenzio assenso" nell'ambito delle procedure di voto nel concordato preventivo, in modo che il mancato voto di un creditore equivalga ad un voto a favore della procedura, e non viceversa come avviene oggi.
Queste le mie prime proposte.
Ma è chiaro che se si va verso una revisione della normativa fallimentare si possono pensare, strada facendo, altri interventi volti a rendere più facili e spedite le procedure in questa fase così drammatica della vita nazionale.

(Fonte: ilfallimentarista.it)

Sovraindebitamento illegittima la norma che impedisce la falcidia dell'IVA

Corte Costituzionale, 22 Ottobre 2019, n. 245. Pres. Lattanzi. Est. Barbera.

Fallimento e procedure concorsuali - Procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento - Proposta di accordo di ristrutturazione e relativo piano - Possibilità per il piano di prevedere, a pena di inammissibilità, con riguardo ai debiti inerenti all'imposta sul valore aggiunto, esclusivamente la dilazione del pagamento e non anche la falcidia del credito fiscale


E' costituzionalmente illegittimo l'art. 7, comma 1, terzo periodo, della legge 27 gennaio 2012, n. 3 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento), limitatamente alle parole: «all'imposta sul valore aggiunto». (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Inquadramento

Il d.lgs. n. 14 del 12/01/2019 (Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza)

contiene la disciplina della "liquidazione controllata del sovraindebitato", che

abroga, supera e razionalizza la pregressa disciplina dettata dalla l. n. 3/2012.

Lo sforzo sistematico del legislatore della riforma è testimoniato anche dalla nuova

definizione dell'istituto: la vecchia liquidazione del patrimonio, diventa

liquidazione controllata, plasmata sulla liquidazione giudiziale.


I prevedibili effetti del coronavirus sulla disciplina delle procedure concorsuali

Sommario: 1. Necessità di sospendere le procedure concorsuali e rinviare l'entrata in vigore del codice della crisi. 2. La "ibernazione" delle PMI. Moratoria e il divieto di scioglimento dei contratti pendenti. 3. Il rischio di "moral hazard". Come regolare la moratoria. 4. Il sostegno finanziario.1. Necessità di sospendere le procedure concorsuali e rinviare l'entrata in vigore del codice della crisi.

Un recente statement dell'executive committee di CERIL - Conference on European Restructuring and Insolvency Law[1], redatto da due noti studiosi come Bob Wessels[2], e Stephen Madaus[3], rileva che gli strumenti tradizionali della disciplina dell'insolvenza - la liquidazione delle imprese decotte e la ristrutturazione di quelle in crisi che abbiano prospettive di essere riorganizzate e restituite al mercato, strumenti di cui si sono ormai dotati tutti i Paesi a livello mondiale - non sembrano idonei a far fronte alla crisi finanziaria ed economica scatenata dall'epidemia Covid-19.
Si osserva in sintesi che i Paesi dell'Unione europea e gli altri Paesi europei dovranno considerare due esigenze fondamentali della stragrande maggioranza delle imprese: il venir meno dei flussi di cassa generati dall'attività d'impresa e l'impossibilità di formulare previsioni accettabili sui futuri flussi. Queste previsioni riguardano imprese sane, a causa di un ridotto ingresso di liquidità, come pure società con modelli di business fondamentalmente solidi. Imprese che rischiano di essere messe in difficoltà da un evento assolutamente imprevedibile e di carattere generale, che riguarda le economie di tutti i Paesi contemporaneamente. In queste condizioni la prima raccomandazione di CERIL è di sospendere gli obblighi che molte legislazioni europee[4] prevedono per gli imprenditori che si trovino in crisi, di presentare istanza di fallimento in proprio, senza attendere le iniziative dei creditori, e di avviare alternativamente piani di ristrutturazione connessi a procedure di quest'ultimo tipo quando vi siano possibilità di recupero dell'equilibrio economico-finanziario.
Si osserva infatti che l'avvio tempestivo delle procedure di liquidazione e/o ristrutturazione è previsto nell'interesse dei creditori e degli altri stakeholders (dipendenti, azionisti, clienti e fornitori, ecc.)[5]. Nella situazione di crisi generale dovuta al coronavirus tuttavia è impossibile individuare le imprese che non offrono possibilità di proseguire l'attività o che possono proseguire soltanto se avviano un piano di ristrutturazione. E la liquidazione porterebbe soltanto ad una svendita delle attività.
Di qui la necessità di sospendere questi obblighi perché utili soltanto in condizioni ordinarie di mercato, quando crisi ed insolvenza riguardano un numero limitato di imprese e non la grande maggioranza di esse. In questo senso del resto si sono già mosse la Spagna e la Svizzera[6]. Il ragionamento vale, in Italia, anche per il nuovo istituto dell'allerta, introdotto nella legislazione italiana dal Codice della crisi e dell'insolvenza. L'esigenza del resto era già stata avvertita dal legislatore italiano. Com'è noto, infatti, gli obblighi di segnalazione della crisi d'impresa a carico degli organi di controllo e revisori legali dei conti, nonché dei creditori pubblici qualificati previsti dagli artt. 14 e 15 del D.Lgs. 14/2019 a partire dalla data di entrata in vigore del codice della crisi e dell'insolvenza (15 agosto 2020) sono slittati al 15 febbraio 2021 per effetto della proroga di 6 mesi, contenuta nel d.l. 2 marzo 2020 n. 9 ("Misure urgenti per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19")[7]. Ferma la possibilità per il debitore di avvalersi degli OCRI, quando saranno istituiti, anche a seguito del "suggerimento" da parte degli organi di controllo (e di revisione), ai sensi dell'art. 14, co. 1 del Codice della Crisi[8].
Va osservato che qualche voce in Italia si è già levata per chiedere un rinvio dell'entrata in vigore dell'intera disciplina del Codice della crisi e dell'insolvenza. Tale rinvio é in effetti giustificato dal fatto che sarebbe meglio che i tribunali, i professionisti e gli altri gestori della crisi d'impresa continuino ad avvalersi di norme che ben conoscono, piuttosto che dover contemporaneamente far fronte alla doppia sfida della crisi economica e di un nuovo sistema legislativo che nei primi mesi richiederà certamente un certo rodaggio. Lo stress potrebbe essere tale da comportare addirittura una reazione di rigetto globale per una riforma che, complessivamente, merita un giudizio positivo. Tanto più che verosimilmente il legislatore dovrà comunque intervenire con norme speciali che dovranno derogare, almeno in parte alla nuova disciplina prevista dal Codice così come alle regole dettate dalla legge fallimentare del 1942 tuttora vigente. Si tratta di un suggerimento convincente, anche se, come si vedrà, il nuovo istituto della composizione assistita della crisi, anche nella nuova difficile situazione economica, potrebbe svolgere un ruolo positivo.2. La "ibernazione" delle PMI. Moratoria e il divieto di scioglimento dei contratti pendenti.
Una seconda proposta dello studio del CERIL è di rispondere alle esigenze di liquidità delle imprese e, in particolare, delle piccole imprese con riserve finanziarie limitate che si stanno velocemente avvicinando ad un momento di illiquidità qualificabile come impossibilità di far fronte ai propri obblighi di pagamento secondo quanto previsto dalle norme in materia di insolvenza. A tal proposito, lo statement di CERIL individua quattro aree nelle quali i legislatori dovrebbero valutare di intervenire, quali la finanza ponte; la sospensione dei doveri di accesso a procedure di insolvenza basato su impossibilità di far fronte alle proprie obbligazione; misure a supporto della sopravvivenza di imprese e dei loro dipendenti; norme che consentono di "ibernare" le piccole medie imprese che presentano insufficienti flussi di cassa dovuti al blocco (c.d. lockdown) derivante dalle misure anti Covid-19.
Per le imprese di piccole e medie dimensioni, appaiono misure di "ibernazione", intesa come sospensione dell'attività e rinvio delle scadenze contrattuali relative ai pagamenti. Oltre al rinvio dei termini non scaduti si rende necessaria la moratoria delle azioni esecutive dei creditori insoddisfatti.
Va sottolineato che la semplice moratoria non è sufficiente perché in questo modo si evitano le azioni esecutive, ma si producono gli effetti connessi con l'inadempimento degli obblighi di pagamento. Rimangono cioè fermi i termini contrattualmente previsti e la possibilità di chiedere la risoluzione dei contratti[9]. La Svizzera ha previsto questa soluzione[10].
Anche in Italia l'art. 83 del d.l 17 marzo 2020, n. 18, al comma 2, ha sospeso sino al 15 aprile 2020 i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Tra questi termini sono compresi i termini per la proposizione dei procedimenti esecutivi, anche se ai sensi del terzo comma della norma rimane possibile chiedere la dichiarazione di urgenza nei casi in cui la ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti e quindi ai creditori. Dopo il 15 aprile la disciplina di legge prevede che i capi degli uffici giudiziari diano disposizioni di carattere generale per lo svolgimento delle udienze da tale data sino al 30 giugno, adottando possibilmente modalità da remoto e telematiche. Non vi è quindi una moratoria di carattere generale per le azioni esecutive per il periodo successivo al 15 aprile. Ciò perché l'art. 83 del d.l. 18/2020 muove dalla finalità di evitare il sovraffollamento degli uffici giudiziari, non dalle ragioni prese in considerazione dal documento del CERIL. Se si aderisce però all'opinione espressa proprio dal CERIL, che le azioni esecutive in questo contesto sarebbero più di danno che altro, parrebbe ragionevole estendere la moratoria ad un periodo più ampio.
Analogamente a quanto prevede già attualmente la disciplina fallimentare alla moratoria dovrebbe accompagnarsi anche la sospensione degli obblighi relativi al mantenimento del capitale sociale a garanzia dei creditori.3. Il rischio di "moral hazard". Come regolare la moratoria.
È evidente peraltro il rischio che di questa favorevole disciplina possano avvantaggiarsi anche soggetti non meritevoli, che siano in realtà in condizione di pagare o che comunque stiano ponendo in essere comportamenti fraudolenti e/o illeciti. Anche questo tipo di condotte potrebbe essere di danno alla soluzione della crisi. Parrebbe quindi ragionevole introdurre possibilità di moratoria, anche per quanto concerne il rinvio dei termini non ancora scaduti, legate ad un provvedimento del giudice che verifichi in concreto la situazione del debitore. Tale ultima soluzione però rischierebbe di provocare un sovraccarico dei nostri uffici giudiziari, cui forse si potrebbe far fronte in modi analoghi a quelli adottati dai nostri ospedali, potenziando le sezioni dei tribunali che si occupano di esecuzioni e di procedure concorsuali, e riducendo l'attività delle altre sezioni che trattano le controversie civili meno urgenti.
Prendendo spunto dalla disciplina prevista per le misure provvisorie dal codice della crisi, la sospensiva potrebbe essere conseguenza automatica di una dichiarazione depositata al registro delle imprese, in una con la documentazione che fotografa la situazione dell'impresa. La sospensiva dovrebbe però essere confermata dal giudice - adito su ricorso del debitore - entro un termine contenuto, previa verifica che: a) l'impresa sia effettivamente esistente ed operativa e non si tratti di un guscio vuoto come spesso avviene nei casi di frode; b) amministratori e soci di riferimento non siano indagati per reati gravi, soprattutto in materia di criminalità organizzata, o non siano stati raggiunti da misure di prevenzione; c) la situazione di insolvenza (non di crisi) sia successiva all'avvento del coronavirus.[11]
Da questo punto di vista la disciplina contenuta nel Codice della crisi con riferimento alla procedura di composizione assistita davanti agli OCRI presso le Camere di commercio e la possibilità di avvalersi delle misure provvisorie di sospensione delle azioni esecutive che possono essere concesse dalle sezioni specializzate dell'impresa, potrebbe svolgere una funzione utile. Le norme previste dal codice, come del resto quelle contenute nella Direttiva (UE) 2019/1023 sui quadri di ristrutturazione preventiva, dovrebbero essere modificate, prevedendo che la sospensione possa avere una durata superiore al termine di 4 mesi prorogabile sino a 12 oggi previsto dall'art. 8 del codice e dalla Direttiva. Si potrebbe pensare di prevedere un provvedimento legislativo che attribuisca la competenza a concedere la moratoria alle sezioni fallimentari dei tribunali, che hanno una competenza specifica in materia, lasciando del tutto facoltativo l'accesso agli OCRI, che potrebbero svolgere una funzione di mediazione nell'interesse del debitore e dei creditori, ma soltanto su richiesta dell'imprenditore. In questo modo, come già accennato, si potrebbe evitare il pericolo di abuso della sospensione automatica delle azioni esecutive. La moratoria, se concessa, dovrebbe in ogni caso, come ricorda lo studio CERIL, evitare che il creditore in bonis possa provocare la risoluzione dei contratti pendenti, come del resto prevedono oggi sia la Direttiva citata che il codice della crisi. Non vi è ragione di preoccuparsi delle disposizioni sulla durata massima della sospensione delle procedure esecutive contenute nella Direttiva perché essa non è ancora in vigore e perché è ragionevole ritenere che anche la UE possa e voglia mettere mano a modifiche che tengano conto della nuova drammatica situazione che interessa tutti gli Stati membri dell'Unione.4. Il sostegno finanziario.
L'ibernazione, ammonisce lo studio del CERIL, non può essere totale. E nello stesso tempo occorrono aiuti di Stato a favore dei dipendenti ed anche degli imprenditori. Misure di questo tipo sono già contenute, anche se probabilmente in misura insufficiente, nella legislazione d'emergenza già emanata in Italia. Non è quindi il caso di soffermarsi su questo punto, se non per sottolineare che l'intervento deve riguardare tutte le imprese, ma in modo particolare l'ossatura della struttura economica italiana delle PMI. Vi è comunque la necessità che anche se ferme, le imprese possano mantenere in piedi la loro organizzazione per quanto concerne le spese fisse relative ad esempio ad elettricità, personale di emergenza per i servizi essenziali, l'apparato informatico, ecc. Fondi specifici debbono essere previsti a questo fine.
Infine, un ulteriore strumento di sostegno delle imprese può essere rappresentato da finanziamenti statali che consentano la prosecuzione dell'attività durante la crisi. Già vi sono provvedimenti di questo tipo nella legislazione emanata in Italia ed anche i provvedimenti assunti dalla BCE e annunciati dall'UE, in un con la sospensione del divieto di aiuti di Stato, vanno in questa direzione. Va però sottolineato che CERIL osserva che per le piccole imprese la liquidità offerta in forma di possibilità di accesso al credito non è utile perché si tratta di imprese che non possono alzare ulteriormente il proprio livello di indebitamento[12]. Si tratta di una situazione, osserva CERIL, che è comune per la grande maggioranza delle imprese in Europa. Di qui la necessità di immaginare contributi a fondo perduto, finanziati con bond irredimibili e di far leva su tutti gli altri strumenti precedentemente illustrati. In questi termini si esprime un recente studio di Confindustria che presuppone prestiti a lunghissimo termine assicurati da un Fondo di garanzia. Va peraltro aggiunto che sarebbe opportuno escludere le "inadempienze probabili" dal novero delle situazioni impeditive del ricorso al fondo di garanzia. Oggi vi è il rischio che in tale classificazione vi vadano a ricadere moltissime imprese in crisi di liquidità, impedendo di fatto l'accesso ad uno strumento vitale.
Va infine osservato che i provvedimenti adottati dal Governo con il d.l. 18/2020 nel prevedere interventi a favore delle imprese mantengono esclusioni per quelle che già si trovino in situazione di difficoltà. Così l'art. 49 nel prevedere una più favorevole disciplina del Fondo centrale di garanzia delle PMI deroga alle vigenti disposizioni del Fondo di cui all'art. 2, comma 100, lett. a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ma precisa alla lettera g), insieme ad altre condizioni, che "Sono in ogni caso escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come "sofferenze" o "inadempienze probabili" ai sensi della disciplina bancaria o che rientrino nella nozione di "impresa in difficoltà" ai sensi dell'art. 2, punto 18 del Regolamento (UE) n. 651/2014". Così pure l'art. 55 modifica l'art. 44 bis del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, in tema di cessione a titolo oneroso di crediti nei confronti di debitori inadempienti e trasformazione in crediti di imposta delle imposte anticipate, prevede una disciplina più favorevole di quella attuale, ma esclude in ogni caso le società per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, ovvero lo stato di insolvenza.
Si tratta di limiti che oggi sono ben comprensibili, soprattutto nel secondo caso, per evitare che si pongano in essere comportamenti sostanzialmente fraudolenti. Va però detto che il legislatore non distingue apparentemente tra situazioni di crisi o di insolvenza che fossero già in essere prima del Covid-19 e situazioni che si sono verificate dopo, proprio per effetto della pandemia. Sarebbe opportuna una precisazione in proposito, perché se questi limiti dovessero valere anche per operazioni che riguardano imprese la cui situazione di crisi o insolvenza è conseguenza della crisi pandemica è evidente che gli interventi previsti riuscirebbero di nessuno o scarso aiuto[13].